Fuck Yo Feelings di Robert Glasper è uno degli esercizi di fanculizzazione generale più raffinati degli ultimi anni
Fuck Yo Feelings. Più chiaro di così, non si può. È questo il titolo dell’ultimo, provocatorio lavoro di Robert Glasper, pianista di spicco della scena jazz statunitense con una predilezione per le varie sfumature della musica black, dall’hip hop al soul passando per l’R&B. Glasper, che con i suoi tre Grammy ed un Emmy non è esattamente l’ultimo arrivato, ha sempre avuto una personalità artistica poliedrica, fondendo generi e sonorità con la destrezza di un trapezista da circo. Non sorprende dunque che Fuck Yo Feelings sia stato concepito come una sorta di mixtape ad impostazione libera; un beat qui, una traccia là, una sorta di spoken word nell’intro e un’abbondante lista di featuring e collaborazioni, tra cui figura gente del calibro di Yasiin Bey, Herbie Hancock, YBN Cordae o Denzel Curry.
L’anima di Glasper, però, è sempre stata jazz, “black music not run by black people” per usare le sue parole. A Robert questa cosa non è mai andata giù, soprattutto perché si è ritrovato a comporre in un ambiente artistico che prova costantemente a dirgli cosa fare e come farlo. E allora Fuck Yo feelings: un dito medio all’industria discografica moderna, una reazione, e una promessa di fare sempre “what the fuck I wanna do”.
Il disco è stato registrato in una finestra temporale di appena due giorni, ai famosi Henson Studios, nel cuore di Hollywood. Stranamente, l’etichetta stavolta non è la Blue Note, alla quale Glasper comunque deve buona parte del suo successo, ma la Loma Vista Recordings, che potreste conoscere come etichetta di Iggy Pop. Le 19 tracce complessive, di lunghezza estremamente variabile, creano un’esperienza di ascolto dinamica e mai noiosa, soprattutto grazie ai continui cambi di generi e sonorità.
Let Me In è un ottimo esempio della capacità di Glasper di mescolare influenze: una base ritmica spezzata e tastiere dal sapore squisitamente jazz sono cavalcate da lyrics in puro stile hip-hop, con un Mick Jenkins a metà tra l’aggressivo e l’intimista. Sulla stessa falsariga si innesta anche la title track, impreziosita dagli ammalianti vocalizzi di Yebba, in cui l’operazione “fanculo mondo” assume connotati tipicamente R&B.
Ce n’è anche per i puristi del jazz. In Trade In Bars Yo l’influenza del peso massimo Herbie Hancock si sente tutta, le frenesie alla tastiera sono assolutamente ipnotiche ed è un peccato che la traccia duri poco meno di due minuti. Preziosa anche Liquid Swords, firmata da Glasper in persona, dove i virtuosismi al pianoforte si mescolano senza imbarazzo ad una base vagamente hip-hop.
Fuck Yo Feelings è eterogeneo, bizzarro e a tratti difficile da seguire. La tracklist in sé per sé è coerente e ben strutturata, le collaborazioni sono di pregevole fattura e le sonorità, così complesse e ricche di contaminazioni, sono frutto di una mente artistica matura e convincente. A parte questo, l’ascolto non è per tutti. Riferimenti, variazioni sul tema e continui cambi di prospettiva richiedono un orecchio attento ed un certo grado di impegno per cogliere tutte le possibili sfumature. In definitiva, Fuck Yo Feelings è uno degli esercizi di fanculizzazione generale più raffinati degli ultimi anni.
Troppo scoordinato per essere un musicista, troppo stonato per cantare, troppo povero per fare il produttore, sin dalla tenera età si decide a stare dal lato più affollato dei concerti (con l’eccezione di quelli di Bruce Springsteen, dove contare i membri della band è un’impresa). Cresciuto a pane e blues (a volte solo il secondo), dimostra sin da subito una straordinaria abilità nel ricordare a memoria i testi delle canzoni, il che purtroppo non gli è stato di nessun aiuto durante gli anni della scuola. Laureatosi con disonore nel 2015 in Giurisprudenza, oggi è avvocato, progettista, grafico, artigiano del cuoio, il tutto disponendo comunque della classica dotazione di due arti per lato del corpo, una coppia di orecchie ed un’unica, del tutto ordinaria massa cerebrale.
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