Explicit
Seriamente – e già cominciare con un avverbio promette male – prima di arrivare a quest’ultima versione di recensione ho cancellato diecimila caratteri e li ho riscritti, ho riascoltato l’album svariate volte, ho scritto al mio caporedattore per confrontarmi su alcune contraddizioni, ho riflettuto, ho chiuso wordpress e me ne sono uscita. Fanculo, mi stavo facendo condizionare dall’impeto del primo ascolto, da una sorta di delusione di fondo.
Non bastavano 90 min di applausi del pubblico e nemmeno un release-anticipo su PornHub, meglio aggiungere un’esibizione vestito da clochard nei pressi del duomo di Milano munito di microfono ed amplificatore da 50 ww.
Di certo non è sufficiente una barba finta o un cappotto marrone di dubbio gusto (d’altronde I rapper di oggi si vestono male) ma sappiate comunque che, sì, Salmo per ‘sto disco ha fatto tutto quel che cazzo voleva e che gli passasse per la testa, e non parlo solo della ‘mera’ comunicazione da impatto stratosferico per la pubblicizzazione del nuovo disco, ma anche del disco stesso.
Mentre scrivo pare sia comparso, tra l’altro, su Netflix il videoclip di Sparare alla Luna, pezzo con il featuring di Coez – dichiarandosi il primo autore italiano ad aver sottoscritto un’esclusiva con la nota piattaforma streaming.
Ma al di là delle “capate”, della grafica (con il disegno a pastelli di un autoritratto che fissa tutti in maniera torva ed accigliata) e delle fottutissime idee pubblicitarie tipiche di un atteggiamento “Lo faccio solo per i soldi – Vivo solo per il cash”, (dal pezzo Ricchi e Morti), sarebbe utile soffermarsi in questa sede dell’album in sè, sui pezzi.
C’è un eccezionale groove nella (vera) track 90 min: il travolgente sound hip hop miscelato all’elettronica da elevati BPM fa accappottare ogni muscolo del corpo. L’eleganza s’impenna sul velocissimo pianoforte da jazz, così come deraglia sulla modifica in stile papi-chulo: una frecciata alle hit estive latine.
Yah! Questa è l’Italia! – una versione from il Bel Paese con un parallelismo a quel che era la This is America di Childish Gambino. Nella lirica c’è una spiccata critica politica contro chi “Chiude i Porti ma apre i Conti“, un biasimo tutt’altro che nascosto tra i rivoli del disco, anzi, messo subito in pubblica piazza a colpi di twitter, contro Salvini ed i suoi seguaci.
Come un colpo in pieno petto il feat. con Fabri Fibra, Stai zitto, un’invettiva cinica e brutale in versione old school rap anni ’90. I due sembrerebbero incastrarsi alla perfezione, tra punchline argute e geniali probabilmente è il pezzo più elevato dell’album.
Non mancano altre collaborazioni e, quella con Nitro, Dispovery Channel, è una tracks da un beat scuro che si velocizza tanto quanto il flow ripido e graffiante. La più discussa invece, è certamente quella con il chiacchierato Sferaebbasta con Cabriolet, in cui l’inizio retrò traghetta ad un sound vecchia scuola fino al melodico ritornello-coda. Ho ragionato parecchio su quest’ultima traccia e son arrivata alla conclusione che è…bruttina, ma, forse, è solo un apprezzabile tentativo per far cantar qualcosa di più o meno decente al giovane trap boy.
L’amore fa perdere il lume
Ecco, mancavano le rap ballad, Il cielo nella stanza è intarsiata della magnifica black voice di Nstasia, perfetta e delicata. Nel pezzo si scopre un Salmo romantico, ma nettamente spaccone (soprattutto quando decanta le sue doti sessuali – ‘embè? mi vien da pensare), ma il maschio è un essere strano, e chissà se non è solo un bilanciamento di testo per evitar di sembrare un sentimentalone.
Pensavo fosse partita un’altra Playlist di spotify (…haha l’avete capita? Vabbè) quando è partita Tiè che sembrava dire “buttiamo a mare basi e computer e riprendiamo in mano chitarra-batteria e basso” purtroppo (per me) era solo una traccia da traghettamento.
L’outro è un regalo a tutti coloro che ad inizio settimana si sentono depressi ed hanno il necessario bisogno di ascoltare in cuffia sul bus o sul tram qualcosa che abbia a che fare con un Lunedì: aldilà di ogni allegorica e svalutatissima considerazione della serie “Non è il lunedì è il capitalismo” è un pezzo che tinteggia un periodo buio e senza meta, un’ispirazione a Everybody Dies In Their Nightmares di XXXTentacion.
Ormai sono approdata a 700 caratteri e, nonostante avrei altro da dire, mi taccio.
Il disco mi piace, suona bene, ha delle rime da applausi e dei suoni innovativi e originali, ma non posso non soffermarmi sulle infelici ricadute negli appellativi femminili; da donna non posso ritenermi entusiasta se qualcun’ altra vien definita, come nel peggior rapper possibile, cagna, tipa in cui schizzare, che non toccherei nemmeno col cazzo del mio cane etc. etc., l’atteggiamento sessista non sembra tanto diverso da quello dei razzisti che Salmo vorrebbe fuori dalla platea di fan.
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