Il sound acerbo ma squisitamente genuino di One Velvet Morning dei Services
Per i sondaggisti doveva essere uno Swing States ma così non è stato e in Minnesota, le urne hanno sancito una netta vittoria dei Democratici per oltre sette punti percentuali sui Repubblicani guidati del peggior presidente della storia degli Usa, Donald Trump.
A Minneapolis, la città più popolosa del Minnesota, proprio mentre si tenevano gli ultimi comizi primi dell’election day, i Services, un trio di giovanissimi musicisti tuttofare (suonano tutti, tutto), mettevano a punto gli ultimi dettagli di One Velvet Morning, il loro primo disco.
Pubblicato il 18 dicembre 2020, One Velvet Morning è un disco dal sound acerbo ma squisitamente genuino, che attinge dal passato, dal garage e dall’indie-rock statunitense degli anni Novanta (Pavement, Dinosaur Jr, Sebadoh), ma che cerca di proiettarsi nel futuro.
Lars Oslund, JJ Monroe e Simon Pettick d’altronde non rinnegano le loro radici ma anzi le esaltano nell’ apprezzabile tentativo di rivitalizzare, o piuttosto far rivivere, una scena musicale, quella dell’art-rock statunitense, ormai in letargo da un bel pò.
Il disco si articola in nove tracce ed è introdotto dalla ottima My Friend, brano dalle atmosfere decisamente dreamy, con un buon passo ritmico, chitarre interrogative e cori in salsa Pavement.
Se la successiva The Librarian procede sulla falsariga della traccia precedente Bedroom Bends, invece, ha un’attitudine più noise (e una non celata tristezza di fondo), con le architetture melodiche che ammiccano ad un’altra band simbolo degli anni 90’ americani, gli Smashing Pumpkins. One Velvet Morning, singolo che da’ il nome al disco lanciato da un bel videoclip, si apre con una tensione chitarristica quasi magnetica che poi caratterizza tutto il pezzo, ed esplode in un fantastico ritornello con un cantato ancora una volta abbondantemente melodico, dai risvolti quasi lagnosi, ma non per questo malvagio (anzi, ndr).
Feelin’ as Good as We Could sembra un pezzo scritto da Stephen Malkmus per i Babyshambles, partorito al culmine di una serata di goliardia ed eccessi.
Con Might as Well do it invece, si ritorna su sonorità più artificiose, quasi dark-wave, mentre in Perfumed Out viene fuori un sentimento di rabbia mista a frustrazione, esplicitato attraverso la veemenza delle chitarre e le furiose invettive vocali.
Sul finire del disco c’è spazio anche per quella che vuol essere una ballad song, You Can’t Forget About Me, composizione ben miscelata ma anche poco profonda (e molto adolescenziale).
Lo stesso feedback lo restituisce anche Country Clubbing, ultimo brano di One Velvet Morning, un disco certamente ricco di spunti positivi e grandi ambizioni ma che parla ancora un linguaggio molto poco maturo.
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