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Suzan Köcher’s Suprafon: lo spirito degli anni ’60 e ’70

Un viaggio a Praga (che città indimenticabile!), per un artista come per una rock band può suscitare riflessioni e far scaturire dal proprio animo ispirazioni nuove per una nuova opera o una nuova raccolta di canzoni.

È ciò che accade ai Suzan Kocher’s Suprafon, per i quali un viaggio nella capitale ceca ha consentito l’attivazione del complicato processo di composizione di una serie di songs da includere in un nuovo album. Suzan Kocher’s Suprafon (Suzan Köcher – voce e chitarra, Julian Müller – chitarra e percussioni, Jens Vetter – batteria, mellotron, sintetizzatore e Alfie Joy – basso e percussioni) escono dunque con il loro secondo album intitolato Suprafon (il titolo rimanda al nome della principale etichetta musicale della repubblica ceca che pubblica principalmente musica classica e popolare).

Il disco (out l’otto di Novembre u.s. per Unique Records), nove brani per oltre cinquanta minuti di ascolto, propone sonorità melodiche che si innestano nella struttura musicale essenzialmente psichedelica tipica della band fatta di arpeggi chitarristici elettrici scintillanti (ma non mancano, qua e la, più confortanti sonorità acustiche della sei corde) e di lunghi intervalli unicamente strumentali.

Pop, rock, elettronica sono alcune delle singole componenti di un modo di fare musica che passa, di volta in volta, sotto il nome di Krautrock, Psych Folk e French Pop, dreamy psychedelic (si veda la definizione della propria musica che gli stessi musicisti tedeschi forniscono sul loro account Twitter). Per la cronaca: l’album è stato registrato ad Austin – Texas. Si sostiene che Suprafon costituisca allo stesso tempo una evoluzione naturale e un nuovo inizio della musica della band. Indipendentemente da quest’ultima considerazione, brani come Peaky Blinders, Poisonous Ivy, Night by the Sea, e cosi via, suonano all’ascolto godibili e di buon spessore.




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