Rifuggire dalla morte non è roba da poco, nemmeno per Mike Patton ed Anthony Pateras, uniti nel progetto Tetema.
Quartetto carismatico con sfondo lago, questa è la foto a corredo del press kit rilasciata per la stampa per i Tetema.
Ecco qui la band racchiusa sotto il nome del progetto Tetema, che, andando oltre ogni concetto di foto promozionale, sembrano essersi voluti rappresentare in una foto ricordo di un gruppo d’amici.
In effetti il nuovo album, pubblico il 3 aprile per Ipecac Recordings, vede coinvolti due amici: il leader dei Faith No More Mike Patton ed il compositore australiano Anthony Pateras, a cui si aggregano Will Guthrie (batteria) e Erkki Veltheim (violino).
A sei anni di distanza dal debut album Geocidal, è il turno dell’oscuro Necroscape sulla quale copertina campeggia l’artwork ad opera di Talitha Kennedy, un ramo intricato e nodoso alquanto inquietante, dalla quale rifuggire (scape) con maestria musicale.
L’album, comprensivo di tredici tracce, si muove su più tinte, dalle più fosche alle più sinuose. Dall’impatto iniziale si ricava un disco d’avanguardia rock, in un’immersione orchestrale elettro acustica. I rimandi futuristici non ingannano, anche se intarsiati di eleganti bassi – dalle pieghe quasi-hip hop – ed echi tribali (Wait Till Mornin’).
Ho trovato sensazionale la spiegazione dei Tetema a corredo dell’album:
Il tour bus dei Melvins finito in avaria nei Balcani che invece di tornare a casa decide di aprire un laboratorio in montagna dedicato alla sperimentazione di ibridi sonori tra Rembetika e hardcore.
In effetti i rimandi in scream-growl alla Melvins ci sono tutti (Cutlass Eye) ma immersi in una dimensione distopica. Non manca nemmeno la dimensione avant-industrial miscelata con una massiccia dose di metal modernizzato, in latrati aumentati ora e chorus in elevati, poi.
La sensazione che si prova all’ascolto di un album di tale stregua è corroborata da sentimenti contrastanti: voglia di smettere, voglia di proseguire. Siamo oltre ogni concettualizzazione musicale, come nuotare in un mare in burrasca o, al contrario, fare surf imbrigliando le onde. In soldoni: i Tētēma sono grandi maestri nel farsi trascinare pienamente dalla musica da lor stessa creata, dandogli un senso artistico imparagonabile.
Milked Out Million è la cartina tornasole di Necroscape, 3 minuti e 10 nella quale accavallare stili e livelli sovrapposti, tra synth roboanti, sviolinate toccanti e versi distorti come in un lago stracolmo di rospi.
La sperimentazione travalica vette elevate anche nel pezzo Dead Still dal sound seventy negli scampanellii sintetici accavallati a fraseggi scuri molto jazz.
La chicca finale è, per noi italiani, un regalo indiscutibile! Funerale di un contadino, cover di Chico Buarque ed Ennio Morricone dell’album Per un pugno di Samba del 1970. Lo sforzo di cantare in italiano quasi spagnolizzato, è decisamente apprezzato! La cover, ovviamente, presenta una reinterpretazione nel mezzo del pezzo: uno stridore impazzito, come una liberazione dal giogo schiavistico del latifondo.
Il 2020, per fortuna, non sarà ricordato solo per un virus mondiale, e questo, almeno a livello musicale, anche grazie ai Tētēma.
Classe 93, laureata in giurisprudenza, specializzata in criminologia. Praticante avvocato, scrivo di politica e di diritto su diverse testate. Sono campana ma mi sono trasferita a Padova.
Sono appassionata di musica, suono il piano ed in passato ho suonato malissimo una sgangherata Soundstation mancina.
I miei generi preferiti sono il rock alternative, lo stoner e la musica classica. Sono stata una metallara nell’adolescenza, divorando con disinvoltura i dischi degli Slayer.
Il mio compositore preferito è Prokofiev ma se la gioca con Shostakovich. Amo Elliot Smith ed ascolto con “diligenza da scolara” cose che non conosco. Normalmente sono una tipa che si appassiona con facilità.
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