The Somnambulist: risorgere dalle proprie ceneri
Nella primavera del 2020, poco dopo il primo lockdown a Berlino, Marco Bianciardi (voce, chitarra), Leon Griese (batteria) e Isabel Rößler (basso) iniziarono a lavorare a un nuovo album con l’obiettivo di creare un inno liberatorio per la futura fine della pandemia.
Con l’avvento delle nuove restrizioni e l’uscita di Rößler dalla band, Bianciardi e Griese furono costretti a cambiare in corso i loro piani: il materiale accumulato compone due Ep distinti coinvolgendo per le registrazioni musicisti ospiti.
Pubblicato il 2 dicembre da Slowing Records, Some More Songs Lost in Themselves è il primo Ep realizzato con il compositore e polistrumentista Paul Peuker al basso.
Dal post-punk all’art-rock, le sei canzoni dell’Ep assorbono le influenze di Frank Zappa, dEUS, Sonic Youth, Nick Cave e Tom Waits andando ad affinare il linguaggio musicale del collettivo, ricercando nuove soluzioni più accessibili e dirette per l’ascoltatore.
L’Ep si apre con All Strain is Over, un brano che suona come la versione meno tirata e meno hardcore degli Idles. Una canzone d’impatto con un giro di chitarra ipnotico nelle due strofe che s’irrobustisce nel ritornello suonando in maniera dirompente mentre Bianciardi grida il proprio dissenso e la rabbia contro il sistema.
Feroce e spigolosa, Not a Song for You è ancora alimentata da tonnellate di rabbia sprigionata attraverso la voce demoniaca che in questo caso ricorda quella di Nick Cave. Chitarre affilate e distorte si evolvono fino ad arrivare al finale nevrotico e sgraziato accompagnato dai fendenti velenosi del basso.
L’Ep si chiude con il rock Seventies di The Freewheelers, sicuramente meno interessante delle tracce precedenti, ma con un piglio radiofonico che potrebbe permettere alla band di arrivare ad una fetta maggiore di pubblico.
I The Somnambulist hanno saputo tenere duro alle avversità risorgendo dalle proprie ceneri. Il risultato è un Ep compatto e di qualità per una band che ha saputo trovare la propria strada nel rock.
Nato a Caserta nel 1989, innamorato folle della musica, dell’arte e del basket. Nel lontano 2003 viene letteralmente travolto dal suo primo concerto, quello dei Subsonica, che da quel giorno gli aprirono un mondo nuovo e un nuovo modo di concepire la musica.
Cresciuto col punk e la drum and bass, ama in maniera smoderata l’elettronica, il rock e il cantautorato. Fortemente attratto dal post-rock, dalla musica sperimentale e da quella neoclassica, non si preclude all’ascolto di altri generi definendosi un onnivoro musicale.
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