Twenty Four Hours, gli eroi dello psycho prog italiano
I Twenty Four Hours sono una delle più longeve band di psichedelia nate negli anni ’80. La band iniziò infatti quando i componenti erano poco più che diciottenni, componendo brani che miscelavano generi all’epoca apparentemente inconciliabili come il Punk e la Psichedelia, il Progressive e la New Wave.
La formazione si stabilizzò sin dal 1987 ed è rimasta la medesima sino ai nostri giorni, fatta eccezione per lo storico bassista Nico Colucci, che per motivi indipendenti dalla sua volontà è attualmente sostituito da Paolo Sorcinelli. Qualche anno più tardi uno sconosciuto ed esile ragazzo della contea dell’Hertfordshire di nome Steven Wilson fondò quasi per scherzo i Porcupine Tree che portarono avanti un progetto musicale simile.
Da allora i Twenty Four Hours sono sempre stati assimilati dalla critica underground alla più famosa band inglese, anche se il sound del gruppo italiano risulta ancora più eclettico, sfaccettato e mutevole. Il nuovo album, il sesto, è composto da un doppio disco ispirato nella forma e nella sostanza ai quattro album più importanti della storia del rock (bianco): Closer dei Joy Division, The Lamb Lies Down on Broadway dei Genesis, White Album dei The Beatles, The Wall(s) dei Pink Floyd, per questo motivo assume questa intitolazione.
Una chicca è certamente la collaborazione con i Tuxedomoon, regalando ben due versioni (una sull’album 1, l’altra sull’album 2) del brano più rappresentativo degli stessi: What Use. Adrian, è un pezzo dedicato alla memoria di Adrian Borland, compositore, cantante e chitarrista di una delle più geniali band degli anni 80: I Sound.
La presenza della bellissima voce di Elena Aletheia, già presente nel precedente disco Left-To-Live, arricchisce tantissimo la composizione degli album, divenendo Lead Vocalist su All the World Needs Is Love, She’s Our Sister e The Tale Of the Holy Frog. I due dischi sono imperneati di un’ebbrezza psichedelica, tra tracce infinite come Suppers’ Rotten (che arriva fino a 15 min), fino a tracce tratteggiati da una vena punk con un’eco ai King Crimson, con un orgasmico duetto finale tra organo Hammod e chitarra distorta all’inverosimile.
Come tutti gli album della band anche quest’ultimo è nato in live, arricchito poi presso la Casa della Musica (FabLab). Il doppio disco è uscito il 25 ottobre 2018 per due case discografiche Musea e Velvet Luna. L’ascolto dell’album è consigliatissimo per i tanti fan del progressive, oltre per chi vuol ripercorrere i passi dei miti rock, in una buona chiave interpretativa nostrana.
Classe 93, laureata in giurisprudenza, specializzata in criminologia. Praticante avvocato, scrivo di politica e di diritto su diverse testate. Sono campana ma mi sono trasferita a Padova.
Sono appassionata di musica, suono il piano ed in passato ho suonato malissimo una sgangherata Soundstation mancina.
I miei generi preferiti sono il rock alternative, lo stoner e la musica classica. Sono stata una metallara nell’adolescenza, divorando con disinvoltura i dischi degli Slayer.
Il mio compositore preferito è Prokofiev ma se la gioca con Shostakovich. Amo Elliot Smith ed ascolto con “diligenza da scolara” cose che non conosco. Normalmente sono una tipa che si appassiona con facilità.
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