L’avanguardia spiegata da Vittorio Nistri e Filippo Panichi
I più attenti ricorderanno che non è la prima volta su queste pagine per Vittorio Nistri, la cui variegata produzione l’ha visto protagonista prima con i Deadburger, nome di spicco da anni dell’underground sperimentale italiano, e poi con il più recente progetto Ossi, garage rock tutt’altro che vintage.
L’occasione per ritrovare la sua vena eclettica è fornita da Nistri Panichi, in uscita il 1 novembre 2024 per Snowdonia, in collaborazione con Filippo Panichi, chitarrista e sound designer che proprio nell’ambito della sperimentazione e dell’avanguardia trova la sua comfort zone. Un incontro fra due musicisti affini per impostazione sonora che trova sfogo in nove brani dove c’è praticamente di tutto, a partire da una fascinazione per la musica da camera evidenziata sin dall’apertura del disco, Il Faro di Schrodinger: accanto a droni, sintetizzatori, marimba e piano, ci sono campionamenti di Penderecki e Xenakis in quella che è la perfetta presentazione dei circa 50 minuti di musica dell’album.
Sin dal principio, infatti, ad evidenziarsi è un equilibrio innato fra Nistri e Panichi, capaci di destreggiarsi in una materia tutt’altro che scontata e governata da un’elettronica difficilmente etichettabile. E quando, come nel caso di La risacca dell’alba, ad entrare in scena sono anche contrabbasso, violoncello e viola, è percepibile ancora più nettamente quell’incontro fra avanguardia e musica da camera prima accennato: se Panichi suona addirittura del “cellophane stropicciato e registrato attraverso un rilevatore di ultrasuoni”, arrivano, pronti a bilanciare e accompagnare, piano, vibrafono e archi.
Ritroviamo il contrabbasso di Silvia Bolognesi (Art Ensemble of Chicago) e il clarinetto di Enrico Gabrielli anche in Maya Deren Blues, che è esattamente come un cortometraggio della visionaria regista: un blues sognante, stratificato, a tratti un’allucinazione come Meshes of the Afternoon (1943). Pipistrelli sul Frigorifero è un incontro fra synth e percussioni, nella litania di Segreti è la chitarra di Panichi a tessere trame che ritroviamo anche nella sua improvvisazione di Sheriff in Tiraspol, un viaggio nella Transnistria a metà fra memorie della Rivoluzione d’Ottobre e il capitalismo della compagnia Sheriff; un piccolo mondo spaccato a metà restituito musicalmente tanto nella simil fanfara dei fiati nella prima metà quanto nei toni leggermente più oscuri della seconda: un detto non detto sotterraneo in quello che è il pezzo più bello del disco.
Anche La costante elastica vive di due parti, ma esplicitamente separate: nella prima l’utilizzo di un mollofono (strumento autocostruito con molle elettrificate) aiuta a testate la vera costante elastica, ossia la tensione che una molla può sopportare prima di spezzarsi, nella seconda viene meno questo lato noise in favore di un ensemble che vede protagonisti tutti gli ospiti del disco, dai già citati Gabrielli e Bolognesi passando per Edoardo Baldini, Giulia Nuti e Pietro Horvath (rispettivamente trombone, viola e violoncello). Due highlights nel finale: la Giulietta di Nistri e Panichi, a differenza di quella felliniana, è Sotto Spirito con tutto quello che ne consegue, mentre in chiusura Prove tecniche di solitudine coglie alcuni aspetti di Firenze tramite field recordings declinati, nuovamente, dagli archi.
C’è un’oscurità e un fascino misterioso in Nistri Panichi che va oltre il concetto di avanguardia, di cui i due autori sono sapienti artigiani. Vittorio Nistri & Filippo Panichi danno vita a un lavoro complesso anche per chi è già abituato alla loro musica e, proprio per questo, ancora più stimolante e degno di attenzione. Difficile coglierne tutte le sfaccettature in pochi ascolti, ma col tempo anche un album del genere mostra il suo vero cuore. Non che ci fossero dubbi, ma un altro colpo a segno.
Classe ’99, laureato in Lettere moderne e alla magistrale di Filologia moderna alla Federico II di Napoli.
La musica e il cinema le passioni di una vita, dalla nascita interista per passione e sofferenza.