La potenza dell’orso Wojtek
I Wojtek da Padova prendono il nome dall’orso che servì nel 22° corpo di artiglieria dell’esercito polacco durante la liberazione dell’Italia dall’occupazione nazista. La band nasce dall’unione tra musicisti già visti all’opera in altre formazioni locali e ad oggi hanno pubblicato tre Ep all’insegna del metal e dell’hardcore.
Avete dichiarato con l’uscita di Hymn For The Leftovers di aver iniziato a scrivere pezzi con l’unico scopo di mettervi per strada e suonarli dal vivo per crescere come gruppo. Qual è lo scopo che vi ha spinto a realizzare Does This Dream Slow Down, Until It Stops? ora che di live neanche l’ombra?
Riccardo: si hai ragione, la prima ‘dichiarazione d’intenti’ fatta in sala è stata ‘fare musica e suonarla’, subito. Ora suonare dal vivo è pressocchè impossibile, ma, non sarà così per sempre e comunque non puoi smettere di fare musica, e far musica senza condividerla non è nel nostro stile.
Mattia: Siamo una formazione giovane che ha fame di traguardi e conferme: vogliamo comporre, il live è senza dubbio il traguardo finale, ma abbiamo molto da dire. Pubblicare dischi e bere whisky è la risposta migliore che abbiamo.
Babu: l’Ep è una fotografia che documenta il periodo e trovo giusto registrarlo appena c’è ispirazione e non tenere la musica nel cassetto.
Morgan: l’intento é sempre e solo uno, per quanto mi riguarda, e cioé quello di sfogare ogni male tramite sei corde, sperando di poterlo lanciare in faccia a qualcuno il prima possibile. Oltretutto, per questa uscita, lo scopo in più per me é stato anche il dover “re-imparare” a suonare la chitarra dopo un infortunio sul lavoro che mi ha quasi amputato un braccio.
Red: Lo scopo è sempre stato quello, letteralmente viviamo per andare in tour. La pandemia purtroppo ha messo tutti i musicisti davanti a due scelte: star fermi ad aspettare che i tempi cambino o continuare a lavorare e dare libero sfogo alla propria passione. Noi siamo definitivamente per la seconda scelta. Non c’è niente che ci fermi.
Sono passati sei mesi tra il secondo e il terzo Ep, eppure avete maturato uno stile più incisivo e personale. Come siete riusciti ad alzare l’asticella così in fretta?
Red: Mi piace vedere i tre Ep come tre fasi distinte della band, ognuno con identità e caratteri ben distinti: onestamente li amo tutti profondamente allo stesso modo. Ovviamente questa band è ancora relativamente molto giovane con due soli anni di attività quindi è logico aspettarsi che più tempo passiamo assieme più la nostra coesione si rafforzi e quanto ci hai appena detto ne è una piacevole prova.
Mattia: Personalmente trovo Hymn For The Leftlovers un buon disco, sicuramente c’erano più pazzie, ma suonava anche meno organico e aveva dei problemi di fondo. Does This Dream Slow Down, Until It Stops? gli è superiore perché abbiamo curato meglio la parte di recording e smussato lo stile, puntando decisamente in una direzione e non 4/5.
Riccardo: Ci son gruppi che prima di uscire allo scoperto aspettando anche due anni o più “per maturare il loro sound” o cose così, rispettabilissimo come è ovvio, lo abbiamo fatto tutti, è un pò la prassi. Noi la si è presa più alla leggera, ci piace suonare e divertirci per cui l’asticella di cui parli, bè quella si alza costantemente canzone dopo canzone, live dopo live assieme e tra le persone (quando si può). Più Ep e meno Full Leight è solo un modo nostro per rendere quanta più gente partecipe al nostro percorso. Questo lavoro è meglio del precedente e non sarà meglio del prossimo.
Babu: il secondo EP non è da meno in termini di maturità, nel senso di emozioni che il gruppo ha da espiremere, c’è stato effettivamente nell’ultimo lavoro un upgrade nella strumentazione di registrazione che ci ha sicuramente permesso di migliorare in termini di qualità
Morgan: credo semplicemente perché siamo un flusso costante di idee, intenti comuni ed energie. Non molliamo un colpo e non abbiamo nessuna intenzione di rallentare.
I brani di Does This Dream Slow Down, Until It Stops? sono nati durante il primo lockdown. Come li avete realizzati? Lavoravate da remoto? E cosa vi ha unito ancora di più in questo periodo?
Mattia: Abbiamo lavorato da remoto e messo tutto assieme in pochissimo tempo. Siamo dei matti che si vogliono tantissimo bene, ci siamo sentiti telefonicamente più tra di noi che non con le rispettive fidanzate/compagne. È come tornare a suonare nel primo gruppo a 18/20 anni, ma senza nessuno che rompe i coglioni e tutti che spingono nella medesima direzione.
Riccardo: quel che ci ha unito? Sembreranno pure soliti cliché ma per me son veri, la musica non è un passatempo, mai piegarsi ad una realtà scomoda, non abbandonare i propri obiettivi quelle cose li.
Red: La gestazione è stata decisamente più complicata data la frequenza alterna con cui ci si poteva spostare o meno per raggiungere il ns Babunker; nonostante ció tra sala, casa e sala di nuovo, i pezzi probabilmente hanno fatto da spugna per tutto il disagio, frustrazione e difficoltà che abbiamo vissuto nel quotidiano ed il risultato è stato piuttosto aggressivo. In effetti per molti versi si può vedere al ns ultimo Ep come ad un concept, in un’ottica strettamente personale, sul particolare momento che stiamo vivendo.
Morgan: credo che il nostro rapporto migliori e cresca costantemente per un semplice motivo, e cioè l’impegno e le energie che ci mettiamo. Suonerà semplicistico, ma dopo 10 anni passati in altre band, personalmente é la prima volta che respiro un’atmosfera così carica di complicità e comunanza di intenti.
Babu: nulla da aggiungere
Tra le quattro tracce, quella che colpisce di più è sicuramente Rednetrab. Dal post-hardcore/sludge al dark ambient il passo è breve? Come è nato il brano e cosa vi ha spinto ad aprirvi a nuovi territori da esplorare.
Mattia: Lol, questa risposta la lascio a qualcun altro.
Morgan: credo sia un pezzo nato per adattarsi al periodo. Provo a spiegarmi meglio…é un pezzo a tratti fastidioso e logorante, durante il quale si percepiscono suoni a noi famigliari, (o almeno io li interpreto così) e questo credo lo renda unico e Perfetto per “far respirare” l’ascoltatore, lanciandolo verso la deflagrazione finale.
Riccardo: Un’amica che è venuta a mancare da poco, mi disse che per lei la forma più estrema di hardcore è l’harsh noise, sto parafrasando ma il senso era quello, intendeva che dove tutto si fonde e crea un unico flusso/magma sonoro arrivi a un estremo brutale, compresso come un buco nero in cui vi è il tutto. Nel fare Rednetrab non ci siamo messi questo tipo di presupposto ma è un concetto che mi ha sempre affascinato e influenzato quando entro in questi territori. Ad ogni modo “Bartender” è un omaggio malinconico a locali, club, baristi e promoter, in particolare ai fine serata post concerto, “does this dream slow down, until it stops?” esce a un anno esatto dal nostro ultimo live prepandemia, è quindi un latrato scuro, ovattato come un ricordo che riaffiora di qualcosa di cui si sarebbe dovuto assaporarne di più sapore e sfumture. Nello specifico a metà pezzo parte un audio su un vaneggiamento di Babu fuori dal Joe Koala a tarda notte.
Babu: come detto al punto uno, è una perfetta rappresentazione, secondo me, della tristezza, rabbia e angoscia (perché non è colpa di nessuno) di non poter tornare a fare serate come nel pre-lockdown. Si sente benissimo che ero felice quella sera 😀
Red: ironica quanto drammatica, tutto ciò che mi manca della vita in un’unica traccia ovvero i momenti su e giù dal palco on the road.
Cosa non può mancare per i Wojtek in un tour? Cosa portate con voi nello zaino?
Mattia: I dischi e il whisky. E i cavalli. Tanti.
Riccardo: calzini, corde di scorta e cavai.
Morgan: birre, ignoranza e cavai
Red: passione, elastico per capelli e tutti i cavai fino all’ultimo disponibile
Babu: gli adesivi da appiccicare nei locali
Ci raccontate un episodio simpatico che vi è capitato durante un live.
Mattia: Sicuramente il mosh partito a Roznava mentre suonavamo, a pochi centimetri di distanza da un manipolo di alcolizzati completamente assorbito da una partita di scacchi.
Morgan: credo che tutti ricordino con simpatia la scoperta che ho fatto al bancone di un locale in Slovacchia… e cioè che la Borovička costasse 0.55 € cents. Da questo al cercare di rendere la band incapace di suonare il passo é stato brevissimo, peccato sia funzionato solo su di me.
Riccardo: Al Circolo Dev credo abbiamo fatto impazzire Rocco un pò come fece lui con gli Storm {O} in Bahnhof anni fa, è stato divertente, assolutamente non programmato e spero non se la sia presa. Però si, suonato bene, mangiato fuori tutto in dignità.
Red: al Kapu a Linz qualche ora prima di suonare ho cominciato ad accusare sintomi influenzali ma ovviamente non salire sul palco non era un’opzione. La cura è stata due doppi fernet in rapida successione ed un bicchiere d’acqua; il risultato aver sudato tutto quello che era giusto e probabilmente uno dei migliori concerti di sempre..ovviamente ho ballato tutta la notte nel dj set post concerto.
Babu: uno dei miei primi live l’ho fatto alla sagra del paese e i vecchi del paese sono venuti ad ascoltarci pur sapendo a priori che non sarebbe stato liscio
Ci dite tre band italiane e tre band estere da tenere d’occhio secondo i Wojtek.
Mattia: italiane: hate & merda, sedna, die sünde; estere: birds in row, llnn, irrational beer pong league
Morgan: atomic mold, six circles e infall. Per l’estero direi: frog lord, the armed e hammerhands
Red: Dolpo, The Secret, Ornaments // Ken Mode, Cult Leader, Emma Ruth Rundle
Riccardo: Italiche direi Zolfo, Julinko e qualsiasi cosa pubblica Moreno Padoan, esteri attualmente in heavy rotation i Cult Leader, Cliff Martinez, All you Know is Evil
Babu: mood (ITA), Spaceslug (polonia) , steak number eight (più famosi)
Se i Wojtek fossero una birra, quali caratteristiche avrebbe?
Mattia: Amara come la vita
Morgan: una bella ipa fresca sui 6 gradi…di quelle che bevi spavaldo, ma a fine serata ti presentano il conto.
Riccardo: bionda leggera, alla spina, birra da kilometri
Babu: artigianale, pils che non ha troppi problemi a fermentare per via delle temperature
Ci lasciate con una citazione che può essere il leitmotiv della band.
Red: Ahh manca la mia sulla birra, non essendone un consumatore… solo whisky per me
Mattia: Mejo perdare i cavei
Morgan: facile questa. UAAAA UAAAA UAAAAA
Riccardo: Babu è maestro di queste cose, ma la mia preferita è sempre: mejo perdere i cavej che perdere i cavai.
Babu: sì concordo con Riccardo
Red: assolutamente “mejo perdere i cavei che perdere i cavai”..sempre
Leggi la recensione dell’album Does This Dream Slow Down, Until It Stops? QUI
Nato a Caserta nel 1989, innamorato folle della musica, dell’arte e del basket. Nel lontano 2003 viene letteralmente travolto dal suo primo concerto, quello dei Subsonica, che da quel giorno gli aprirono un mondo nuovo e un nuovo modo di concepire la musica.
Cresciuto col punk e la drum and bass, ama in maniera smoderata l’elettronica, il rock e il cantautorato. Fortemente attratto dal post-rock, dalla musica sperimentale e da quella neoclassica, non si preclude all’ascolto di altri generi definendosi un onnivoro musicale.
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