L’orso ha ancora fame…
Mattia Zambon (voce), Morgan Zambon (chitarra e cori), Riccardo Zulato (chitarra, cori), Simone Carraro (basso, cori) ed Enrico Babolin (batteria) vengono da Padova e insieme formano i Wojtek, band che deve il suo nome all’orso “eroe” polacco che combatté nella battaglia di Cassino. Hymn for the Leftovers è il loro nuovo Ep, il secondo della loro carriera, uscito il 10 Aprile per Violence In The Veins e Teschio Dischi, con distribuzione SHOVE records.
Cinque nuovi feroci brani, nati per essere suonati dal vivo, legati da un filo: il cinismo e la frustrazione di vite schiave di una quotidianità e routine prive di gratificazioni. Riduttivo definire i Wojtek semplicemente una band metal: la potenza sonora, i suoni sporchi e l’amore per le sonorità sinistre e il noise li fanno annoverare all’interno del calderone Sludge.
Già dalla prima traccia, Honestly, c’è una commistione di generi, il noise e il doom, che fanno da sfondo alle urla incessanti di Mattia Zambon, i droni generati dalle chitarre si trasformano in feedback e da lì parte una cavalcata verso gli inferi: ritmica serrata e chitarre taglienti con la timbrica del growl che ricorda il buon vecchio Mike Williams degli Eyehategod. Un finale a sorpresa che suona più morbido e melodico. Segue Curse che spicca per il suo giro di basso ricco di groove, il secondo brano non aggiunge niente di nuovo a quanto già fatto vedere con la prima traccia se non l’uso nella parte finale di una seconda voce come rinforzo armonico che aggiunge una nota di freschezza. Striving si differenzia leggermente dalle altre per l’uso della doppia voce, il growl potentissimo e una voce roca più punk, per il resto chitarre killer e una batteria solida suonano abbastanza usuali e canonici.
Nonostante Hymn for the Leftovers suoni abbastanza prevedibile, l’Ep dei Wojtek può essere considerato il seme di una carriera che deve ancora germogliare, per poterne valutare il frutto migliore c’è ancora da lavorare.
Nato a Caserta nel 1989, innamorato folle della musica, dell’arte e del basket. Nel lontano 2003 viene letteralmente travolto dal suo primo concerto, quello dei Subsonica, che da quel giorno gli aprirono un mondo nuovo e un nuovo modo di concepire la musica.
Cresciuto col punk e la drum and bass, ama in maniera smoderata l’elettronica, il rock e il cantautorato. Fortemente attratto dal post-rock, dalla musica sperimentale e da quella neoclassica, non si preclude all’ascolto di altri generi definendosi un onnivoro musicale.
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