At My Mother’s Piano: le epifanie di Yama Warashi
Giapponese di nascita e inglese d’adozione, Yama Warashi (alter ego di Yoshino Shigihara) si è messa in luce prima nella scena musicale di Bristol e poi, soprattutto, in quella londinese gravitante attorno al Cafè OTO e al Total Refreshment Centre. Basterebbe citare questi due luoghi per avere già qualche idea della sua proposta musicale, ma uno sguardo d’insieme ai suoi lavori precedenti non guasta: partendo dal folk psichedelico di Moon Egg (2016), l’evoluzione naturale e finora più compiuta è l’ecletticità art pop/neo-psychedelia di Crispy Moon (2022).
Un approccio che non viene meno nel nuovo At My Mother’s Piano, in uscita il 14 febbraio 2025 per PRAH Recordings, ma che assume una veste nuova. Un viaggio nella casa di famiglia ad Ashiya nella prefettura giapponese di Hyogo è stato il punto di partenza per riscoprire le proprie radici e per mettere mano al pianoforte della madre evocato già nel titolo. Yama Warashi passa due mesi a suonarlo, legando il suo approccio spirituale a improvvisazioni nate nel modo più naturale e spontaneo possibile.
Ne è un esempio la traccia d’apertura, Hankyu Denshya, dall’approccio a tratti giocoso, coadiuvato da field recordings registrati su un treno mentre era in viaggio direzione Kyoto con la madre e la sorella. E sta proprio in questi tre minuti abbondanti l’intero manifesto dell’album: partendo da una dimensione totalmente personale, il discorso si allarga e prende forma via via attraverso piccole gemme d’impressionismo dai contorni sempre più sfumati.
Non è un caso che la title track sfiori addirittura i sette minuti, condensando non solo la parte concettuale del disco ma anche il suo approccio alla musica, delicato e intenso in un climax che non esplode mai, eppure illumina passo dopo passo l’atmosfera creata.
Se questo flusso sonoro rappresenta sicuramente l’apice, non manca qualche altra chicca degna di nota nella seconda parte del disco: i field recordings di rane tropicali nell’evocativa Frog From Amami, per esempio, ma anche la conclusiva Mukatsuhime, la dea giapponese del sole, una traccia nata dal pellegrinaggio intrapreso verso il santuario sul monte Rokkou e che termina nel modo più sereno e corale possibile un disco in cui la spiritualità ha un ruolo più che centrale.
Al termine di At My Mother’s Piano si respira un’accettazione totale per la vita e gli eventi che la riempiono, senza mai rassegnazione o sconforto, ma dando nuova linfa a ricordi e memorie senza mai lasciare da parte un presente tanto complesso quanto affascinante. Un resoconto delle epifanie di Yama Warashi, in quello che è per forza di cose il suo disco più personale e rivelatore.
Classe ’99, laureato in Lettere moderne e alla magistrale di Filologia moderna alla Federico II di Napoli.
La musica e il cinema le passioni di una vita, dalla nascita interista per passione e sofferenza.